Il modello valenziale, come abbiamo già visto tempo fa, è un metodo di studio e analisi della frase che parte dal suo elemento costitutivo: il verbo. Secondo i principi di questo metodo, la prima operazione da fare per esaminare e capire una frase è individuare il verbo.
Il verbo, oltre a fornire informazioni indispensabili, ha il vantaggio di essere facile da riconoscere. Il modello tradizionale di analisi della frase – quello che ho studiato e applicato ai miei tempi – dice, invece, di ricercare in primo luogo il soggetto della frase e solo poi il verbo. Suggerisce di domandarsi se il verbo trovato è transitivo o no, perché, se lo è, bisogna individuare il complemento oggetto e poi, a seguire, tutti gli altri complementi. Un modo di osservazione e comprensione della frase più lento (include informazioni che in prima battuta non sono necessarie) e a segmenti stagni che non dà una precisa idea né della struttura essenziale e portante della frase né del suo significato.
Il modello valenziale, a differenza di quello tradizionale, insegna un metodo che consente di individuare, comprendere e definire subito e con chiarezza la struttura di una frase. Ed è per questo che propone di cercare come primo elemento il verbo. Perché il verbo ci dice cosa sta accadendo in un certo momento oppure quale idea si sta trattando o esponendo. Ci dà la prima informazione utile. E, a quel punto, siamo portati naturalmente ad andare a identificare cosa lo completa, ovvero il soggetto che compie o è interessato dall’azione, le cose su cui l’azione del verbo ha conseguenze, a chi arrivano o sono destinate e così via… Cerchiamo, cioè, quegli elementi che sono necessari e che si collegano al verbo e bastano a formare una frase di senso compiuto (la frase minima): tali elementi sono detti argomenti.
Il punto di forza del modello valenziale è che, per capire la costruzione della frase, dobbiamo cercare all’interno di questa tutti gli argomenti (nomi, pronomi, talora avverbi, anche intere frasi) – e solo quelli – che servono per formare una frase minima di senso compiuto: il nucleo, che è la struttura portante di tutta la frase. Se non c’è il nucleo, non c’è la frase. Senza nucleo, non ci sono nemmeno i circostanti (elementi aggiuntivi, come aggettivi, espressioni rette da preposizioni o avverbi, legati agli argomenti, non indispensabili ma che li specificano, li definiscono meglio) e varie espansioni che non hanno specifici legami sintattici col nucleo e i suoi elementi ma di coerenza di significato per arricchire l’intera frase.
Come riconosco la valenza? Come la individuo?
Come facciamo a stabilire qual è la valenza di un verbo? Io vi propongo di fare in questo modo: di porvi alcune semplici domande.
- Individuate il verbo.
- Che cosa esprime il verbo? Qual è il suo significato? Vi sembra completo così? Per esempio, se prendete il verbo piovere, aggiungereste qualcosa per chiarirlo o basta già da solo a indicare l’azione? Se scrivo una frase come «Piove!», ho bisogno di aggiungere altro? No, il verbo basta da solo, non c’è bisogno di specificare altro. Se dico “piove”, ho già creato un messaggio e una frase completa.
- Se il verbo, come nella stragrande maggioranza dei casi, non basta a sé stesso, qual è il suo soggetto (il primo argomento che ne completa il significato)? Dopo averlo trovato, quali altri argomenti vi vengono in mente richieda? Quanti sono? Il numero di argomenti trovati richiesti dal verbo affinché dia un significato completo è la sua valenza.
Se il verbo non richiede alcun argomento, è zerovalente (o con valenza zero). Per esempio: nevicare, piovere e i vari verbi riferiti agli agenti e agli eventi atmosferici non richiedono il soggetto né altri argomenti per comporre una vera e propria frase. Per il fatto che non hanno bisogno di soggetto sono detti impersonali.
Se il verbo richiede un solo argomento, ovvero il soggetto, allora è monovalente (con valenza 1). Per esempio: ridere, fiorire, nitrire, tossire, brillare.
Se il verbo richiede due argomenti (il soggetto e, oltre a questo, un secondo argomento, diretto oppure indiretto), è bivalente (con valenza 2). Per esempio: pulire, leggere (tu stai leggendo il mio post… come lo trovi?), scrivere, cantare, entrare, scendere, arrivare.
Se il verbo richiede tre argomenti, è trivalente (con valenza 3). Per esempio: comunicare, spedire, sottrarre.
Se il verbo richiede quattro argomenti, è tetravalente (con valenza 4). Per esempio: trasferire, tradurre, spostare.