lunedì, Settembre 25, 2023
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Figure retoriche: la paronomasia

La paronomasia è una figura retorica di suono che accosta parole simili nella pronuncia e nella scrittura ma diverse quanto a significato. Il suo uso¹ dà coloritura, vivacità, ricchezza di senso e suggestività al parlare.

 

Perché si usa la paronomasia?

Le parole sono suoni. Quando questi suoni sono combinati con quelli di altre parole attraverso la paronomasia acquisiscono la capacità di produrre impressioni e immagini e di trasmettere significati più ricchi e profondi di quanto farebbero se non si ricorresse alla figura retorica.

Le figure di suono hanno la caratteristica peculiare di parlare prima all’orecchio di chi ascolta o all’occhio di chi legge (a proposito, ho appena usato un’altra figura retorica, sapreste individuarla e dire qual è?) per poi arrivare alla nostra mente.

La paronomasia è tipica dei discorsi poetici, espressivi, come le prose artistiche, ed è, come molte altre figure retoriche, frequentissima in pubblicità per lanciare slogan e motti acchiappa-consumatore. Molti proverbi e molti modi di dire sono paronomasie.

a lezione.pngIn concreto, quali funzioni svolge questa figura retorica? La paronomasia serve, in primo luogo, ad attirare e a catturare l’attenzione, attraverso un effetto sonoro suggestivo, incantevole, coinvolgente e che dà emozione. Il contrasto tra due vocaboli di suono quasi uguale ma di significato diverso colpisce subito. Costringe a soffermarsi e a riflettere sull’espressione appena letta o sentita perché crea un misto di immagine e concetto, di cui la contrapposizione e la combinazione di suono sono il veicolo. L’immagine rinforza il concetto e il risultato comunicativo cercato è assicurato. Il mio armadio è uno sciame di sciarpe e scarpe e vestiti di ogni colore è sicuramente più suggestivo che dire che il mio armadio è pieno di scarpe, sciarpe e vestiti e che è ordinato.

A volte serve, semplicemente, ad avvicinare i significati e a suggerire affinità di senso. La campagna pubblicitaria di un noto formaggio stagionato anni fa aveva come slogan “firma la forma”. Un’evidente volontà di statuire un significato di garanzia di bontà e di sicurezza alimentare del prodotto, costruendo il messaggio da far arrivare al consumatore con sole tre parole. Lo si poteva forse ottenere con altre figure o in altre maniere, ma solo la paronomasia, attraverso una forte e sapiente correlazione di parole, ha ottenuto un risultato sicuro e incisivo.

La paronomasia può essere usata per esaltare la musicalità dei versi o per ottenere effetti fonici nella prosa di sostegno alla sua struttura: la faglia è figlia del tempo e della roccia che l’hanno costruita .

La paronomasia è spesso adoperata per scopi umoristici e brillanti, soprattutto nei testi narrativi o nella recitazione teatrale.

Infine, si impiega per creare frasi ad effetto, consentendone la rapida memorizzazione. Difficilmente dimentichiamo una frase con effetti sonori e di senso particolari, ci resta impressa subito e con facilità. Molti proverbi e detti popolari sono costruiti sfruttando questa funzione della paronomasia.

 

Che cos’è la paronomasia: etimologia ed esempi

La paronomasia, abbiamo visto, mette vicino, accosta parole dal suono simile ma di significato differente. La sua etimologia deriva dal latino tardo paronomasia, che, a sua volta, viene dal composto greco formato dall’unione del prefisso pará, “presso, vicino a” e onomasía, “designazione, denominazione, nome”. Letteralmente significa alterazione di nome.

Per fare alcuni esempi² tratti da poesie di autori famosi troviamo delle paronomasie…

…nel verso di Eugenio Montale «Trema un ricordo nel ricolmo secchio» contenuto nella poesia Cigola la carrucola nel pozzo

…nella strofa dell’Elogio alla rosa dal canto III dell’Adone, poema dello scrittore Giambattista Marino

«Rosa, riso d’Amor, del Ciel fattura,
rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo e fregio di natura»

… nella strofa della poesia Pianissimo di Camillo Sbarbaro

«Talor, mentre cammino solo al sole
e guardo coi miei occhi chiari il mondo
ove tutto m’appar come fraterno,
l’aria la luce il fil d’erba l’insetto,
un improvviso gelo al cor mi coglie».

…nei versi di Eugenio Montale tratti da Xenia I, 13

«Scrisse musiche inedite, inaudite,
oggi sepolte in un baule o andate
al macero»

 

Infine, qualche esempio mio di paronomasia, sia in poesia che in prosa:

“all’orizzonte il tuo volto è volto,
s’affaccia all’azzurro,
come fogli pieni di parole,
foglie nel volo dell’attesa,
sono i miei pensieri
qui accanto a te”;

“lavorava tutto il giorno con le mani intento all’immane fatica”; “l’elefante camminava con passo elegante per la savana”.

La paronomasia si chiama anche…

La paronomasia viene chiamata anche con altri nomi. Non sempre, però, c’è perfetta corrispondenza tra la figura retorica e i suoi sinonimi. Andiamo a vedere.

La paronomasia è nota anche col nome di “annominazione”. L’annominazione, però, è più propriamente un tipo specifico di paronomasia in cui le parole sono in relazione etimologica tra loro. Viene, infatti, ripetuta la stessa radice etimologica. Per fare due esempi, sono annominazioni le espressioni vivere la vita e selva selvaggia, quest’ultima usata da Dante nelle Divina Commedia.

La paronomasia viene anche chiamata poliptoto³. In questo caso, si tratta della stessa parola, ripetuta a breve distanza, alla quale si cambia la funzione sintattica o morfologica. Un celebre esempio di poliptoto sono i versi dell’Orlando furioso, C. IX, vv 182-184, di Ludovico Ariosto.

… tanto più che, per quel ch’apparea fuori,
io credea e credo, e creder credo il vero,
ch’amassi et ami me con cor sincero.

Oppure i versi di Catullo contenuti nella poesia Viviamo e amiamo, mille baci e ancora cento

«Il sole può calare e ritornare,
per noi quando la breve luce cala
resta un’eterna notte da dormire»

 

Altri nomi con cui è nota la paronomasia sono: bisticcio di parole, gioco di parole (una definizione generica ma calzante), parechesi, paronimia.

Mi piace sottolineare che si chiama anche gioco di parole perché la paronomasia è il procedimento alla base di molti di essi ed è usata pure per creare scioglilingua (“sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa” è un esempio di paronomasia).

Noto, da ultimo, en passant, che i due termini simili accostati tramite paronomasia si chiamano paronimi.

 

La paronomasia nella vita quotidiana: proverbi e modi di dire

Nella lingua comune, quotidiana, scritta e soprattutto parlata, la paronomasia è un costrutto che incontriamo spessissimo. Usiamo senza troppo badarci e chiederci che cosa siano dal punto di vista grammaticale espressioni idiomatiche come «amore amaro», «capire fischi per fiaschi», «c’è un gran via vai», «è passato dalle stelle alle stalle», «fare la fame», «senz’arte né parte», «scelta svelta», «sesto senso», «volente o nolente, è così». Citiamo proverbi come «chi non risica non rosica», «il troppo stroppia (e storpia)», «carta canta e villan dorme». Ebbene, sono tutte paronomasie.

 

I principi su cui è basata la paronomasia

La paronomasia è in parte basata sul principio della ripetizione dei suoni. È, infatti, evidente che molti suoni, se non tutti come nel caso del poliptoto, sono ripetuti. È, tuttavia, ancor più vero che la paronomasia si basa sulla contrapposizione. Lo scopo della paronomasia è creare attenzione e tensione intorno ad una espressione, in modo da fermarsi a chiedersi la ragione di quell’accostamento e quale sia il suo significato profondo.

 

 

Tipi di paronomasia: apofonica e isofonica

Si possono distinguere, per questa figura retorica, due tipi: la paronomasia apofonica e quella isofonica.

Nel primo caso, c’è tra le parole una differenza di vocale (l’apofonia è l’alternanza di una vocale all’interno di un gruppo di consonanti), quella tonica. Per fare alcuni esempi di paronomasia apofonica: care/cure/core, stelle/stalle, risica/rosica, ardore/ardire). Nel secondo caso, si ha paronomasia quando muta una vocale non tonica o una consonante (luce/lume, traduttore/traditore, alto/albo) ma anche quando vi è uguaglianza dei suoni su cui cade l’accento di parola (vista/svista).

 

Vi è piaciuto l’articolo? Fatemelo sapere nei commenti! E, se avete una domanda da farmi o un argomento da propormi, scriveteli senza timori!

 


¹Tecnicamente, si dice che la figura retorica amplia le possibilità di senso della lingua.

²Di solito parole quasi identiche tranne che per una o due lettere.

³poliptoto o polittoto o variazione. Si tratta quindi di ripetere una parola ma modificandone la funzione sintattica, il genere, il numero, il modo e/o il tempo.

 

 

 

2 pensieri riguardo “Figure retoriche: la paronomasia

  • Giuseppe Sabino

    È stato bellissimo leggerlo!!! BRAVA⭐☺️⭐

    Rispondi
    • Giuseppe, grazie!!! È lungo, me ne rendo conto, ma era impossibile condensare tutto in poche righe!!
      Grazie ancora per averlo letto! ❤️❤️

      Rispondi

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